L'impegno per l'Usigrai

La RAI nel sistema delle comunicazioni e il giornalismo televisivo dell'era ipertecnologica

1) La Rai servizio pubblico

Il servizio pubblico radiotelevisivo è uno strumento di democrazia e partecipazione. Non sarebbe tale se non promuovesse e recepisse in un processo osmotico tutte le esigenze della società di dotarsi di un sistema complessivo capace di garantire ai cittadini la maggiore qualità e varietà del servizio radiotelevisivo, nonchè l'affermarsi di condizioni idonee, come ricorda l'Antitrust attingendo dal patrimonio di pronunce della Corte Costituzionale: "a meglio contribuire allo sviluppo del pluralismo interno ed esterno dell'informazione". Superamento del monopolio pubblico non può continuare a significare oligopolio- duopolio, ma varo di un sistema in cui la Rai recuperi con coraggio e senza cedimenti il suo specifico di servizio pubblico, rinunciando ad assolvere a funzioni improprie con finalità meramente commerciali e di audience, mentre per i privati lo spazio di manovra e di proposta editoriale dovrà essere palettato solo dall'esigenza di un'effettiva concorrenza adeguata a garantire un’ offerta plurale in sintonia con l' articolo 21 della Costituzione.

2) La nuova legge di sistema

Il superamento della legge Gasparri, il cui disegno fu a lungo contrastato invano dalla Fnsi e dall'Usigrai, appare esigenza ormai condivisa sia dall'attuale maggioranza di governo che dalle autorità indipendenti di garanzia (Antitrust e Agcom). Resta da definire quali siano i punti che maggiormente dovranno essere caratterizzati da inversioni di rotta. Un compito che spetterà al Legislatore,che tuttavia non può non essere sorretto dalle valutazioni delle categorie interessate, consapevoli della materia di cui si tratta. Dell'inesistenza del famigerato Sic (settore integrato comunicazioni) come entità antitrust si è detto talmente tanto che vale solo la pena di sottolineare come dovrà essere il primo punto di totale cambiamento della legge, già vecchia per le poche note positive nel momento in cui è stata varata. Ed appare datato, invero, anche il dibattito sul ridimensionamento delle reti del servizio pubblico, visto che con l'intreccio di piattaforme il problema della condivisa esigenza di un maggiore pluralismo si sposta soprattutto sull'individuazione di interventi volti al superamento delle barriere che incontra il competitore entrante nella ricerca di risorse provenienti dalla pubblicità. La limitatezza dell'etere unitamente all'inadeguatezza delle leggi che si sono succedute dai decreti Craxi, alla Mammì alla Gasparri sono gli elementi ormai storicizzati che hanno determinato l'ergersi di una siffatta barriera che non verrebbe meno ad esempio con la cessione di una rete Rai e di una Mediaset.

3) Certezza di risorse

Il nodo risorse, legato alla non equa distribuzione della pubblicità, come fattore di freno allo sviluppo di concorrenza e pluralismo nel settore delle telecomunicazioni è stato ben rilevato dalle autorità di garanzia indipendenti, ma forse non ancora pienamente recepito dalla politica. È appena il caso di far menzione della tabella fonte Banca Dati Adex Nielsen 2002, riportata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato nel parere dato sull'allora disegno di legge recante "norme di principio in materia di assetto radiotelevisivo. Ebbene la quota di mercato della raccolta pubblicitaria di Mediaset è di oltre il doppio (65,5%) di quella Rai (31,3%), che a fronte di una serie di limiti non ha certezze di risorse e che essendo stato mantenuto invariato il canone, ha visto depauperata la propria potenzialità futura dall'incameramento da parte dell'azionista (il ministero dell'Economia che ora può incassare anche i soldi della multa Meocci nomina che proprio l'allora governo impose al cda) di utili di bilancio (80 milioni) in realtà frutto di mancati investimenti, come hanno potuto constatare i cittadini costretti a rinunciare a molte delle partite dei mondiali di calcio, visibili solo attraverso la tv a pagamento. Dunque il nocciolo della questione non è l'hardware o peggio il ramo d'azienda da cedere per favorire il pluralismo da parte di un soggetto che è già di tutti ed è dunque genetico portatore (salvo patologie che pure non sono mancate) di offerta plurale, ma le risorse per favorire una buona produzione di software, i famosi contenuti, frutto di teste pensanti e di idee, ma anche di tecnologie moderne ed adeguate. Dunque risorsa canone come pagamento dei contenuti di servizio pubblico, ma poi punto di partenza per qualunque intervento legislativo non il numero delle reti analogiche (mentre sta per arrivare il digitale in lotta peraltro con la piattaforma satellitare), ma il rapporto attuale 2 a 1 tra Mediaset e Rai di cui alla tabella citata relativa alla pubblicità. Qualunque intervento che parta da una diversa impostazione rischierebbe di mettere in crisi il servizio pubblico, rafforzando l'operatore già in posizione dominante per quanto attiene alla raccolta pubblicitaria, senza riuscire a determinare condizioni utili all'entrata di un nuovo competitore.

4) Autonomia e pluralismo

Dicevamo dei contenuti. È proprio qui che entra in campo il punto che più sta a cuore e che è il naturale antidoto alle patologie che hanno afflitto il dna portatore di offerta plurale: l'autonomia dell'azienda Rai dalla politica. È evidente che il meccanismo di nomina voluto dalla Gasparri si presti ad un quasi perfetto manuale Cencelli, con nove componenti, che quale che sia la scelta del presidente (per la cui elezione è necessaria la maggioranza dei 2/3 da parte della commissione parlamentare di vigilanza) avrà un suo equilibrio di maggioranza determinato dal componente nominato dal ministero dell'Economia. Dunque Rai preda del governo di turno. Un antico vizio ricodificato. Solo un'adeguata distanza dalla politica potrebbe, invece, garantire un'effettiva autonomia dell'azienda di servizio pubblico. Uno dei modi per uscirne,a mero titolo esemplificativo,potrebbe essere quello di una fondazione, (i cui componenti scaturiscano già da diverse fonti di nomina), che poi sceglie il consiglio di amministrazione. Ma è chiaro che non si vuol pretendere di dire come, ma più semplicemente affermare perchè sia indifferibile l'esigenza di una distanza da marcare tra i partiti e e le maggioranze politiche di turno e la più grande azienda di cultura, informazione e spettacolo del Paese. Nomine Rai una sorta di incubo come la corazzata Potiomkin per Fantozzi? Basterebbe che uno dei governanti di turno si comportasse come la vera madre di Salomone, rinunciando alla divisione a metà del bambino. Una volta impostato (con una leggina ad hoc) un diverso meccanismo nel segno dell’autonomia, nessuno potrebbe tornare indietro e l’indipendenza del servizio pubblico si consoliderebbe. È questa la vera riforma che, poi, potrebbe a cascata contenere le altre, a partire, seguendo proprio l'esempio dell'informazione, dalla titolarità piena della produzione e della proposta editoriale del servizio pubblico, snaturata dai tanti prodotti "chiavi in mano" che troppi interessi occultano, realizzati da società esterne, alcune delle quali costituiscono un oligopolio dei contenuti del servizio pubblico, anche per questo sempre più simili a quelli delle tv commerciali. All'Usigrai deve essere riconosciuto il merito di aver sempre tenuto alta la bandiera della titolarità dell'informazione del servizio pubblico da parte dei giornalisti Rai, chiamati a far da garanti di terzietà e trasparenza (ed è questa anche la ragione per la quale, come altra faccia della medaglia, sulle troppe fughe in materia di service di immagini si dovrà immediatamente aprire una seria riflessione). Per restare nell'ambito dei cosiddetti poteri di controllo in una moderna democrazia, quali sono informazione e magistratura, va rilevato come alcune funzioni giurisdizionali siano svolte da non togati, ma non si tratta certo di quelle più rilevanti, quali, nel parallelo possono essere considerati i programmi di prima serata della Rai. Il servizio pubblico nell'era ipertecnologica andrà dunque costruito intorno alle specificità e alle nuove specificità dalla parte dei cittadini. Nel cantiere sarà necessario che il sindacato dei giornalisti marchi un protagonismo essenziale nel processo di riforma strategica ed in particolare nel momento delle scelte di assetto, recependo nella sua azione lo spirito del manifesto-appello del servizio pubblico, già sottoscritto da decine di colleghi.


La modificabilità possibile e necessaria, la centralità irrinunciabile

1) Rai elemento regolatore del mercato

È possibile fare a meno in un settore cruciale per le esigenze di una moderna democrazia, quale è quello delle comunicazioni, in un momento di trasformazione epocale, di un soggetto che ha come missione la redditività sociale e che naturalmente costituisce elemento regolatore di mercato? Alla domanda per noi retorica va aggiunta subito la sottolineatura non solo sulla necessità di una tale presenza, ma sull' indispensabilità della sua centralità piena nel sistema. Con un ruolo propulsivo non solo nella radio e nella tv, ma nel complesso della multimedialità alla ricerca della corretta definizione dei nuovi linguaggi, a forte vocazione europea e senza discriminazioni di sesso nei ruoli di vertice nel rispetto degli articoli 21 e 51 della Costituzione. Per svolgere queste funzioni nel quinquennio che porta al 2010 sarà necessario superare le resistenze ad un processo rinnovatore. Un gattopardo al positivo che cambi tutto ció che è necessario per mantenere primato e centralità, unica esigenza irrinunciabile per il servizio pubblico ed i cittadini italiani alla stregua degli altri europei, che considerano il servizio pubblico una sorta di garante strutturale del pluralismo e della crescita sociale e culturale di ogni comunità – paese.

2) Lo specifico del servizio pubblico

La funzione di laboratorio è improbabile per le tv commerciali, la cui principale partita è sul terreno dell'audience e della pubblicità di conseguenza raccoglibile. La ricerca di un' identità che sappia mixare i prodotti della globalizzazione, i format internazionali con quello che la cultura e l'arte italiane producono costituisce la sfida che verrà. Seguire il solco europeo appare una via maestra per evitare fughe in avanti, che non sono nell'interesse del cittadino utente. Non è un caso che la commissione europea non sia mai andata oltre l'indirizzo di attuare una separazione contabile tra le fonti di entrata canone e pubblicità. La questione era stata posta come esigenza di separazione contabile o societaria da un ' azione dei principali network privati, tra cui il principale soggetto antagonista della Rai. Modelli di separazione contabile non esistono, si naviga a vista con l'obiettivo di evitare lo scoglio della separazione societaria, che sarebbe l'anticamera dello smembramento e del depauperamento del servizio pubblico. Una volta scissi nettamente i canali di servizio pubblico da quelli commerciali che senso avrebbe non privatizzare con la cessione del ramo d'azienda, prevista dalla Gasparri, questi ultimi? E la Rai perso lo spessore che le consente la massa critica per una centralità nel sistema quale servizio pubblico potrebbe offrire alla gente? Il punto non è più canone (e in Italia è il più basso del continente) e meno pubblicità, ma un equilibrio utile fra una corretta ripartizione delle risorse che il mercato offre e la possibilità di chiedere al cittadino utente in termini di quote abbonamento, che consenta all'azienda di avere certezze di entrate per poter programmare, anche con ampio anticipo, investimenti tecnologici e produzioni.

3) La questione delle reti distributive

Una questione a parte cui va accennato è costituita dal controllo diretto delle reti distributive da parte dei broadcaster terrestri non solo la Rai, ma anche Mediaset e Telecom Italia, cosa che non avviene in altri paesi europei. Fin quando non si arriverà a reti distributive gestite da operatori specializzati nessuno potrà pretendere la dismissione di quel ramo d'azienda che è Rai Way, specie mentre il principale competitore privato sta raccogliendo sul mercato, con scarsi freni da parte delle autorità di garanzia frequenze per il DTT e il DVB-H . Ma ha un senso ragionare intorno a questi temi se tutto serve per pervenire all'obiettivo di offrire contenuti all'altezza delle aspettative del pubblico e conformi alle esigenze della società. Se, come viene sostenuto, esiste una filiera verticale di mercati che ha a monte impianti e frequenze e a valle produzione di contenuto (canali) e raccolta di pubblicità, gli interventi auspicabili e sostenibili devono garantire la concorrenza nei primi e nell'ultimo mercato e stimolare il pluralismo in quello intermedio ricercando per quanto riguarda la Rai soprattutto le specificità di servizio pubblico, dalla parte degli ultimi, coloro cioè ai quali non possono essere interessati i gestori con finalità commerciali. Se anzichè programmi e telegiornali la Rai producesse medicinali ci si dovrebbe impegnare a trattare alla stessa maniera la sperimentazione di farmaci per guarire malattie molto diffuse e patologie rare, cioè prodotti che verrebbero acquistati da pochi, per i quali sarebbero, tuttavia, vitali.

4) Servizio pubblico e servizi pubblici

Una conferenza dei servizi pubblici dovrà essere promossa in tempi rapidi dall'Usigrai per porre al centro del dibattito la questione della redditività sociale, quella per la quale una linea di autobus è importante quando servendo il centro citttadino pareggia o supera i costi grazie ai biglietti venduti, ma anche quando arriva in periferia estrema consentendo pari diritti anche a rischio di pesare sulla fiscalità generale.

5) Un sindacato aperto all’esterno

Rapporti e iniziative comuni con associazioni di utenti e di cittadini che abbiano come scopo la difesa e la valorizzazione della libertà di stampa, di manifestazione del pensiero e di pluralità di espressione daranno il segno di un’opportuna apertura all’esterno del sindacato, già ben attuata in questi anni. Il congresso di Tirrenia si concluse con la partecipazione dei rappresentanti degli organismi eletti ad una manifestazione per la pace, che va considerato valore fondante e fortemente connotativo. Sarà anche un modo per tenere nei nostri cuori i colleghi morti per raccontare e documentare la barbarie delle guerre e smascherare di fronte all’opinione pubblica gli interessi di trafficanti di armi. Per non dimenticare mai, chiederemo alla Rai, dopo aver sentito le famiglie, di intitolare le palazzine e/o i viali di Saxa Rubra ad Ilaria Alpi, Mirian Hrovatin, Marcello Palmisano, Marco Luchetta, Ota e D’Angelo.


Il rinnovo contrattuale tra questioni pregresse e futuro da disegnare

1) La vertenza contrattuale

Il pieno sostegno che i giornalisti Rai sono chiamati a dare alla vertenza per il rinnovo del contratto nazionale, che proprio nei giorni a ridosso del congresso vivrà la sua fase decisiva non può costituire elemento che giustifichi inerti attese degli esiti che la battaglia con gli editori produrrà. Bisogna disegnare la piattaforma da consegnare alla Rai tenendo conto di specifici nodi da sciogliere e di numerose quesioni da porre e sviluppare guardando al futuro che verrà e a nuove possibili figure all'interno della professione giornalistica nella radio, nella televisione, nella multimedialità. Bisogna anche ragionare in termini di piattaforma immateriale cioè di disponibiltà a dibattere su questioni che lo sviluppo tecnologico proporrà nella consapevolezza che sul piano della gerarchia delle fonti normative un accordo concluso tra le parti ritualmente costituite in qualunque momento è di pari efficacia rispetto ad una norma inserita nel contratto aziendale, che, se anticipata di troppo, potrebbe ingessare il futuro senza risolvere i problemi. Più che ad un contratto omnibus potrebbe essere maggiormente conveniente pensare ad una struttura esile dell'intesa, purchè fondata su principi chiari nonchè accompagnata da una calendarizzazione cogente su vari temi per i quali si potrebbero definire norme quadro simili a quelle delle leggi delega. La commissione contratto che sarà eletta a Montesilvano e che affiancherà l'esecutivo nella gestione della questione avrà il vantaggio di poter ripartire dal prezioso contributo realizzato dai colleghi che hanno lavorato nell'ultimo triennio. L'hanno chiamata bozza di pre- piattaforma e vi sono intelligentemente evidenziate "una serie di problematicità e suggerimenti per la prossima piattaforma". L'individuazione dei temi posti in sommario e sviluppati appare nel segno del comune sentire e non è questa la sede per analizzarla ed eventualmente svilupparla nel rispetto delle prerogative di chi fu eletto a Tirrenia e di chi lo sarà a Montesilvano.

2) Un cantiere per i tco

Tuttavia alcuni punti danno il la all'evidenziazione di precise priorità. Tre questioni in particolare meritano una sottolineatura, un approfondimento e una verifica il punto 6 della prepiattaforma dedicato ai TCO, il punto 10 alla politica del personale e il 3 su formazione e mobilità. L'esperienza fatta collaborando con l'esecutivo Giulietti negli anni ottanta sul giornalismo per immagini induce ad una riflessione. Gli obiettivi si realizzano quando la mobilitazione è continua, logica e coerente. I tempi appaiono maturi per un decisivo salto di qualità nelle mansioni e nel lavoro dei tco. In campo ci sono molte idee, ma manca una visione unitaria che possa, poi, produrre un'azione costante nel tempo. Un cantiere di idee con il coinvolgimento di tutti gli interessati dovrà essere aperto in congresso e andare avanti fino a definire una proposta di sviluppo che abbia le connotazioni più su indicate, altrimenti si disperde un patrimonio di professionalità maturate nel tempo, ma mitigate da un fattore motivazionale sempre più decrescente che ha la sua cartina al tornasole nel blocco del turn over dei Tco, col contestuale aumento del ricorso ai service, una questione quest'ultima che nel contesto del progetto complessivo o a stralcio andrà posta tra le prime priorità alla Rai. Tra le ipotesi possibili da valutare: l’accesso a ruoli di organizzazione di natura giornalistica (producer), la possibilità di realizzare servizi completi su specifiche tematiche e/o in determinati ambiti, la sperimentazione della figura multimediale nelle rubriche regionali, l’impiego nell’editing multimediale nel processo di digitalizzazione, cominciando col garantire parità di accesso alle sperimentazioni, ferma restando la possibilità di passaggio orizzontale, con l’eliminazione dell’assesstment, da sostituire con un percorso formativo di riqualificazione professionale.

3) Motivazioni e orgoglio di appartenenza

Parlando dei giornalisti per immagini sono state toccate due questioni di rilevanza estrema. Gli aspetti motivazionali ed il turn over. Il servizio pubblico degli anni della trasformazione dovrà essere caratterizzato da un obiettivo che può essere considerato una sorta di fil rouge: il recupero dell'orgoglio di appartenenza alla Rai. Imparzialità e incentivi sono le pillole che possono determinare l'effetto. Un'Azienda autonoma dalla politica, della cui indispensabilità si è più sopra detto, dovrà-potrà basare tutte le scelte sui curricula e senza discriminazioni di sesso o di altro tipo. Un segnale del genere libererebbe da una sorta di autoprigione un enorme numero di colleghi tanto bravi quanto sfiduciati. Un'immediata inversione di tendenza sarebbe visibile riaprendo senza paletti la mobilità interna. Già con le norme che ci sono è possibile eliminare, definendolo in paritetica una volta per tutte, un ostacolo. Quello del direttore della testata di appartenenza che impedisce l'uscita, che trattiene cioè il collega nonostante il giornalista abbia già l'ok del direttore di un altro tg o gr. Applicando l'articolo del CNLG sul preavviso si può con determinazione sostenere, che, decorsi due mesi dalla manifestazione dell'intezione di incardinamento in altra testata, il giornalista sia libero di andare.

4) Accesso e precariato: prima onorare gl’impegni poi il concorso

Il turn over introduce, invece, il tema delicatissimo dell’accesso, sul quale detto subito che l'imperativo dovrà essere servizio pubblico-concorso pubblico (e non è difficile trovare il mondo di coordinare procedure imparziali con l'esercizio dell'art.6, che troverà un affievolimento determinato dall'interesse pubblico collettivo) va con altrettanta chiarezza affermato che il sostegno al diritto all’assunzione definitiva dei precari storici costituisce un impegno d'onore da parte del sindacato, nel rispetto dei criteri consolidati di territorialità e anzianità. Nessuno che si è fidato dei patti Rai-Usigrai potrà essere lasciato a piedi. È in ballo la credibilità di tutti, semmai si dovrà stabilire con chiarezza da quale momento un collega utilizzato a termine possa essere definito precario e trovare un sistema, da valutare sempre coi diretti interessati, per non condannare tutti, senza altra chanche che non sia di accogliere l'eventuale proposta di altra azienda editoriale, ad un precariato che nella media si avvicina ai due lustri.

5) La formazione professionale

Questione formazione: un giornalista che si senta al passo coi tempi e le tecnologie è anche un professionista motivato. La Rai può disporre di una risorsa che talvolta sottovaluta, quella scuola di Perugia, ai cui diplomati dovrebbe essere facilitato quanto più possibile l'accesso in azienda, e che potrebbe fungere da istituto per la formazione permanente non solo al giornalismo radiotelevisivo, ma anche specificamente a quello di servizio pubblico, cogliendo e valorizzando, come ha già fatto la BBC, la peculiarità di un tipo di formazione. Mentre un naturale strumento di formazione professionale potrebbe essere costituito da un meccanismo di mobilità provvisoria tra testate (per esempio attraverso politiche di scambio alla pari, come il passaggio per un mese o più da un Tg al Gr, o da una sede verso il centro e viceversa). Un’esperienza di conoscenza dei processi produttivi, che inevitabilmente in molti casi s’intrecciano fu molto utile ai borsisti degli anni ottanta, aiutando ad evidenziare le specificità dei mezzi e delle funzioni.

6) Le ferie arretrate

Tra i punti di criticità da dibattere e da tenere all'ordine del giorno, infine, le questioni inerenti la figura istituita con l'ultimo contratto del redattore territoriale (di qui, peraltro, legittimamente parte anche un modello possibile per lo sviluppo della figura del Tco che opera in sede centrale) e la possibilità di un'utile uscita dal tunnel che passa sotto il monte ferie e riposi arretrati sempre più alto, chiarendo fin d'ora che piani di recupero troppo sostanziosi concretizzerebbero ipotesi di dequalificazione professionale (verrebbe, infatti, meno la continuità professionale), danno che si aggiungerebbe al non aver potuto fruire, per ragioni di lavoro, nei tempi giusti del ristoro delle ferie. Dunque la soluzione va ricercata, nell'ambito di paletti posti da leggi e giurisprudenza, in altre direzioni, una delle quali potrebbe essere un premio di risultato bis parametrato sulle ferie effettivamente recuperate per bypassare l'ostacolo della monetizzazione tout court al momento esistente. Se, poi si andrà verso la public company, potrà essere richiesta la conversione in azioni con divieto di alienazione per un adeguato lasso di tempo.


Verso il Congresso

1) La partecipazione alla vertenza contrattuale e i rapporti con gli organismi di categoria

Sarà un autunno caldo quello nel quale si celebrerà il congresso Usigrai di Montesilvano. Nella vertenza per il rinnovo del CNLG è in ballo il futuro del giornalismo, precarizzare come vogliono di fatto gli editori significa attacco al cuore dell'autonomia dei giornalisti, non solo quelli del futuro, ma anche di coloro che ora esercitano la professione con contratti a tempo indeterminato e che si sentono al riparo in virtùdi norme che attualmente garantiscono chi abbia più a cuore la libertà di stampa piuttosto che la fedeltà a proprietà e direttori. Scioperi sacrosanti già decisi dalla Fnsi (con cui,anche sfruttando la presenza in giunta di Roberto Natale andrà rafforzato il già solido rapporto) solo al momento da calendarizzare. Sul fronte Rai ci saranno le risposte o le non risposte agli enormi ritardi su tutti i fronti,dalla non ancora costituita commissione parlamentare di vigilanza, al managment da nominare o da confermare, ai direttori e capiredattori regionali da designare in posti vacanti e coperti ad interim. E d'attualità di qui a pochi giorni potrebbero essere sia un nuovo disegno di legge sul sistema radiotelevisivo già preannunciato dal ministro Gentiloni, sia provvedimenti sugli ordini professionali e dunque verosimilmente anche su quello dei giornalisti, che il ministro Bersani potrebbe proporre nell'ambito dell'azione di liberalizzazione avviata dal Governo. Una parte di questi temi sono stati già trattati più sopra, resta il discorso sulla questione Ordine che si salda a quello inerente ai rapporti dell'Usigrai con tutti gli organismi di categoria. Iniziando un nuovo ciclo sarà opportuno radunare in una sorta di stati generali allargati tutti i colleghi iscritti al sindacato aziendale e che ricoprono cariche negli organismi di categoria, sono molti ed autorevoli sia a livello locale (intendendo come tale presidenze degli ordini regionali e delle associazioni di stampa) che nazionale. Andrà proposto loro di costituire un coordinamento che affianchi l'esecutivo nei rapporti con gli altri organismi di categoria, perchè ci sono questioni soprattutto con l'ente di previdenza obbligatoria (giustamente e correttamente rigoroso, ma senza controparte quando gli uffici intendono affermare con perentorietà il loro punto di vista)ed anche con la cassa sanitaria integrativa che vanno discusse, proponendo un'interlocuzione collettiva, che non lasci soli i colleghi Rai, i quali spesso a livello regionale costituiscono sparute minoranze. Il sindacato non è anche tenuto forse anche al patronato? Avevamo una collega Rai presidente del fondo complementare di previdenza, ora ne è vice, perchè a guidare l'ente è un rappresentante degli editori, ma deve salire alta la domanda sul perchè mai un esponente della nostra controparte debba essere chiamato a guidare il fondo in cui ci sono i soldi che spetteranno a noi e non agli editori. Insoddisfacente è di certo la funzione che l'ordine professionale è in grado di svolgere attualmente, una radicale riforma è stata più volte sollecitata dai giornalisti italiani, ma anche l'ultimo tentativo di sottrarre l'accesso all'arbitrio degli editori è stato bloccato da un parere del Consiglio di Stato, peraltro ineccepibile, perchè escludere una possibilità contemplata da una legge è realizzabile solo con un atto normativo di pari efficacia. L'impegno, irettamente constatato in qualità di consigliere della Campania, per mettere ordine nella giungla dell'accesso è di tale ampiezza che fa passare troppo spesso in secondo piano le questioni deontologiche che, invece, dovrebbero essere le prime in evidenza. Scarsa è così la riflessione sui doveri, sul rispetto dei diritti delle persone, sulla necessità di garantire una comunicazione non violenta (rettifica,presunzione di innocenza). Così come certamente l'opinione pubblica può legittimamente rivolgere alla categoria critiche per omessa vigilanza, subalternità ai poteri forti, scarso conflitto con la politica e con le imprese, eccesso di riverenza.

2) I diritti e i doveri

Anche la Carta dei diritti e dei doveri dei giornalisti Rai andrà rivista, perchè è sempre più evidente da un lato la sua applicazione a pelle di leopardo e solo nei confronti dei nemici, dall'altro la sua difficile interpretazione su tematiche che sono garantite da diritti costituzionali. Si pensi ad esempio alla partecipazione a tavole rotonde e dibattiti, la preventiva autorizzazione appare contraria all'art.21 della Costituzione, mentre sanzionabile deve invece essere la violazione del dovere di terzeità, perchè dovrebbe essere fin troppo evidente che chi partecipa non può raccontare da giornalista, mediatore tra la fonte o l'avvenimento e il pubblico.

3) La preparazione del congresso

Il lavoro di unire e coordinare dovrà essere una costante a partire da questa fase precongressuale in cui particolare attenzione dovrà essere posta sul possibile ridisegno dell'informazione regionale, sulla strategicità dello sport, sulla funzione delle testate e dei settori ad alta tecnologia (Televideo, RaiNews 24, Rainet). Più in generale indifferibile appare l’innovazione tecnologica nei tg nazionali e regionali, che dovrà essere incentivata e contemporaneamente seguita con attenzione, per favorire quegli sviluppi di partecipazione al processo produttivo, che valorizzino il ruolo giornalistico, impedendo viceversa lo snaturamento della professione. Mezzi snelli e adeguati (che potrebbero essere ammortizzati quanto a costi in tempi brevi) per l’innalzamento della qualità dell’informazione e la credibilità dei telegiornali, cui non basta da solo lo stimolo dato a grandi risorse umane esistenti da una sempre maggiore concorrenza. Il glocal resta sintesi del bisogno informativo dei cittadini a livello planetario da un lato e locale dall’altro, dovrà essere, però, supportato, specie in logica multimediale, da tecnologie al passo coi tempi,che rendano più semplice dedicarsi pienamente al rapporto col territorio. Le missioni editoriali dei singoli Tg andranno caratterizzate e più specificamente definite, garantendo pur nelle diverse dimensioni delle redazioni pari dignità di ruolo e di funzioni. Nell'impossibilità di incontrare tutti i colleghi delle sedi regionali (ma l'impegno a che la valigia sia il principale strumento di lavoro è solenne ed accompagnato dalla promessa di un giro d'Italia entro i primi 60 giorni dall’assegnazione delle deleghe in esecutivo) è auspicabile un intenso lavorio attraverso mail e sollecitazioni al coordinamento dei c.d.r della testata, il cui ruolo dovrà essere sempre più valorizzato. Un punto di partenza per tutti già c'è, costituito dall'opuscolo Torti e Regioni e dalle risultanze al dibattito che seguì la presentazione del lavoro nel salone della FNSI. Sarà, invece, indispensabile un serrato confronto coi colleghi di Roma e Milano dello Sport, per pervenire alla definizione di una linea immediatamente traducibile in atti concreti, all'indomani del congresso, non solo per le difficoltà croniche che non si riescono a superare, ma anche per le nuove emergenze di questi giorni, mentre andando verso una reale affermazione dei multiplex del DTT bisognerà ricondurre le enormi potenzialità in progetto, tenendo conto che già esiste un canale sulla piattaforma satellitare, ma che i dubbi aziendali sul futuro ne hanno limitato, attraverso freni di ogni tipo, lo sviluppo e l'incidenza. Già programmato e da calendarizzare il primo incontro in cui far ragionare insieme i colleghi dei c.d.r. di Televideo, RaiNews 24 e Rainet. Col C.d.R di Rai international (dove il fenomeno del precariato è ben oltre ogni livello di guardia) andrà discusso di come evitare ulteriori torti agli italiani all’estero.


RAI storia e futuro:la radio e le teche

1) La vecchia cara radio

Video killed the radio stars si sente in una nota canzone, ma il problema principale non è affatto questo, quanto piuttosto l'attenzione politica e mediatica che la televisione riesce a catturare in esclusiva ai danni del mezzo più antico e affascinante, che ha immediatezza e capacità di sprigionare l'immaginazione degli ascoltatori. La radio ha potenzialità inespresse e prospettive di rilancio enormi attraverso il passaggio al sistema numerico. Si rischia, però, di fare del digitale una sorta di Godot. La transizione (lo switch over cioè il tempo che occorre per l'effettivo passaggio dall'analogico al digitale) potrebbe essere molto, ma molto più lunga rispetto a quanto previsto dalla legge Gasparri (spegnimento dell'analogico, cd.switch off, il 31 dicembre di quest'anno). Il rilancio non può attendere, nè gli scenari futuri costituire alibi per non tenere all'ordine del giorno la questione radio, che al di là degli aspetti organizzativi della testata, vede non sciolto il nodo della frequenza unica o comunque di un sistema perchè il forte ascolto possibile nelle automobili non sia disperso. Coi colleghi più direttamente interessati andranno valutati i troppi paletti che impediscono una piena e corretta flessibilità del canale all news.

2) Nel passato la forza del futuro

Pensando alle potenzialità del multiplex, una particolare attenzione dovrà essere riservata alle teche della Rai, il patrimonio del passato che può essere la risorsa in più nel futuro, trattandosi della principale fonte documentaristica esistente. Ci sono questioni di cui il sindacato dei giornalisti rischia di occuparsi meno perchè talvolta riguardano pochi colleghi dispersi in reti e strutture varie. Un errore da non commettere perchè sono strade che potrebbero portare a grandi opportunità per tutti. Quante volte, per esempio, troviamo giornalisti esterni chiamati a lavorare in trasmissioni di rete? Perchè non ricercare prima tra gli interni le professionalità necessarie? Certamente andrà chiesto alla direzione del personale di bloccare tutti i contratti con iscritti all'ordine professionale (e quindi destinati a coprire esigenze presumibilmente giornalistiche delle reti) fin quando non sarà stato sistemato l'ultimo dei colleghi rimasti senza mansioni in aperta violazione dell'art.2103 del codice civile, a loro va assicurato un fattivo impegno accanto alla solidarietà fin d'ora esprimibile. La questione degli epurati sarà tra le prime che dovranno essere affrontate col nuovo vertice appena completato.


Statuto e Organizzazione

1) Statuto da riformare

Da oltre tre lustri non viene emendato il nostro patto fondante. Nuove testate sono nate, l'azienda ha una diversa organizzazione i meccanismi appaiono un po' bloccati, laddove l'esigenza di tutti è la massima rappresentatività possibile dei colleghi che il congresso elegge nell'esecutivo e nelle commissioni statutarie. Questioni che non possono essere ignorate e che dovranno essere affidate ad una commissione da formare all'indomani dell'appuntamento di Montesilvano, dove sarà ulteriormente esternato l'impegno, che fin d’ora si prende di convocare non oltre la prima metà del mandato un congresso statutario per sottoporre a discussione e votazione le modifiche che si riterranno opportune.

2) Statuto da interpretare

Tra le altre cose che non saranno possibili in Abruzzo e sulle quali si dovrà tornare a ragionare c'è per esempio l'elezione diretta del segretario da parte del congresso, mentre per la figura di vice-segretario che manca, si potrà eventualmente supplire, ove discutendone lo si riterrà opportuno, rimanendo nell'ambito dell'attuale statuto, attraverso l'attribuzione di una delega vicaria generale da parte del segretario che il congresso vorrà suggerire all'esecutivo di eleggere. Così come pur non essendo previsto specificamente l’istituto del referendum interno alla categoria e/o alle singole redazioni potrà essere utilizzato come strumento di collegamento, in casi rilevanti, fra la base e i vertici del sindacato. Sul tema una funzione di stimolo e di controllo potrebbe essere svolta dal Comitato di garanzia amministrativa e statutaria, di cui attualmente chi scrive è il coordinatore.


CONCLUSIONI

Non c'è alcuna pretesa di esaustività in queste pagine, si tratta semplicemente di una proposta ragionata su quelle che potrebbero essere le linee guida dell'azione sindacale dei prossimi anni. È un modo per conoscersi meglio sul terreno delle questioni concrete. Il programma vero e proprio scaturirà dagli incontri di questo ultimo mese e dal dibattito e dalle mozioni congressuali. Ogni lunedì, fino a quello in cui si apre il congresso, questa proposta di programma sarà emendata e integrata sulla base di elementi che scaturiranno da mail, colloqui ed assemblee per costruire insieme l’Usigrai che verrà.